Guida all’esternalizzazione dei servizi

Rischi di un appalto non genuino: quali sono e come contenerli

Nelle precedenti sezioni della “Guida all’esternalizzazione dei servizi di manodopera” abbiamo sviscerato l’argomento relativo all’appalto irregolare, individuando quali ne possono essere gli elementi sintomatici e cosa fare per non incorrere in questa fattispecie illecita.

 

 

Vediamo ora nello specifico i rischi in cui incorre un’azienda in caso di appalto non genuino e quali iniziative possono essere adottate per contenerli.

In concreto, quali conseguenze comporta la rilevazione della non genuinità dell’appalto?

La non genuinità dell’appalto determinerà l’ipotesi di interposizione illecita di manodopera. Le conseguenze saranno, innanzitutto, la possibilità del lavoratore impiegato nell’appalto di chiedere giudizialmente il riconoscimento e la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del committente.

In base al D. Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 3-Bis: “Quando il contratto di appalto sia stipulato in violazione di quanto disposto dal comma 1 del decreto legislativo 276/03, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell’articolo 414 del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell’articolo 27, comma 2”.

In seguito all’entrata in vigore, dal 6 Febbraio 2016, del Decreto di depenalizzazione, che ha cancellato numerosi reati innalzando tuttavia le sanzioni amministrative, sono state aggiornate anche le sanzioni previste dall’articolo 18 del Dlgs 276/2003 per appalti illeciti, privi dei requisiti previsti dall’articolo 29, comma 1, decreto legislativo 276/2003 (ossia organizzazione dei mezzi necessari e assunzione del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore). In base all’ articolo 18, comma 5-bis, la sanzione sarà di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro e verrà comminata sia allo pseudo-appaltatore che allo pseudo-committente. E’ stata poi introdotta la nota per cui la sanzione amministrativa in ogni caso non può essere inferiore a 5.000 euro né superiore a 50mila euro.

Va precisato che qualora venga accertato lo sfruttamento di minori nell’ambito dell’appalto illecito, le conseguenze sanzionatorie sono molto più pesanti; in questo caso, scatta anche la sanzione penale, con l’arresto fino a 18 mesi e l’aumento dell’ammenda sopra indicata fino al sestuplo per ogni lavoratore occupato e per ciascuna giornata di occupazione.

 

Viste le pesanti ripercussioni che ricadono su entrambe le figure coinvolte nel contratto di appalto, quali azioni possono essere adottate per contenere i rischi derivanti da un contratto di appalto illecito?

 

L’istituto della certificazione, previsto dall’art. 84 del decreto legislativo 276/2003, rappresenta un sistema efficace per ridurre i rischi che derivano da un contratto di appalto illecito, soprattutto quando si tratta di contratto di appalto di servizi endo-aziendali nei quali, in relazione alle esigenze del servizio dedotto in contratto, l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore si identifica nell’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto.

Sottoponendo il contratto di appalto alle commissioni di certificazione istituite presso le istituzioni pubbliche o private autorizzate (come gli enti bilaterali costituiti dalle associazioni di datori e prestatori di lavoro, le direzioni provinciali del Lavoro, le università) le imprese avranno un duplice vantaggio: da un lato l’eventuale ricorso dei lavoratori si scontrerà con il contratto certificato, non impedendo, tuttavia, la possibilità del dipendente di ricorrere al giudice del lavoro. Dall’altro lato, invece, gli enti di controllo saranno dirottati, secondo le indicazioni della direttiva del ministro del Lavoro del 18 settembre 2008, a concentrare le attività investigative nei confronti di aziende che non hanno contratti certificati.

La circolare 5 dell’11 febbraio 2011 del ministero del Lavoro, che pone le basi per individuare correttamente un appalto lecito, ribadisce l’opportunità di usare la certificazione per ridurre il contenzioso sulla qualificazione dei contratti di lavoro, sottolineando che l’indagine dell’organo certificatore si orienterà a una disamina attenta della sussistenza degli elementi formali e sostanziali individuati dall’articolo 29 comma 1 del decreto legislativo 276/2003, non soltanto su base documentale, ma anche mediante dichiarazioni pubblicamente rese e acquisite dai contraenti in sede di audizione personale nel corso dell’iter di certificazione. Infatti, la procedura di certificazione può essere usata sia nella fase di stipulazione del contratto, sia in quella di attuazione del programma negoziale. Quest’ultima ipotesi comporta che gli effetti della certificazione si produrranno dal momento di inizio del contratto, se la commissione ha appurato la regolarità dell’appalto anche nel periodo precedente.

a cura di Antonella Veltri – Aurelio Latella Advisory

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